Alcuni oggetti che hanno vissuto da vicino le vacanze terapeutiche di un bambino bielorusso in epoca pre-covid e pre-guerra raccontano…

 

 

 

 

Oggi sono sei anni.

Era sabato17 giugno 2017 quando Kattim è stato qui insieme ai suoi ospitanti per vedere una mostra dedicata ai dinosauri.

Il bambino, all’epoca di sette anni, era arrivato due giorni prima dalla Bielorussa sperimentando la novità della “vacanza terapeutica”.

 

Ho sentito raccontare dai miei “colleghi dinosauri” che erano esposti all’interno del museo che il piccolo si era divertito tantissimo quel giorno; soprattutto si metteva continuamente in posa per farsi fotografare con le suggestive riproduzioni degli animali estinti.

 

Ho saputo che Kattim, tornato a casa, ha voluto far vedere ai suoi ospitanti come si scrive la parola pterodattilo in cirillico.

 

Qualche giorno dopo, il 22 giugno, il piccolo è stato accompagnato a conoscere i miei simili che all’epoca abitavano a Genova Bolzaneto. Che momenti emozionanti per Kattim! Il bambino correva da un dinosauro all’altro studiandone, affascinato, i dettagli!

I miei “colleghi” della Val Polcevera mi hanno raccontato che un momento davvero magico è stato quello dei saluti finali, che hanno suggellato una nuova amicizia.

 

 

 

Da quel che ho sentito dire Kattim non tornerà più, per tanti brutti motivi.

Restano i ricordi.

 

 

 

 Sono un muro di Genova, vicino a Corso Firenze.

Qualcuno potrebbe pensare che sono solo un muro, che non so cogliere le emozioni. Non è vero! Per confermarlo posso raccontare di un pomeriggio di dicembre del 2020. Proprio qui vicino a me c’erano gli ospitanti di Kattim; erano insieme ad un amico che li riprendeva col cellulare mentre inviavano gli auguri di Natale al loro bambino bielorusso, che non avrebbero rivisto a causa delle restrizioni per il Covid. Fingevano gioia ma ho capito benissimo quanto fosse grande la loro sofferenza.

Ogni tanto passano di qua e mi vengono a raccontare che il loro piccolo, anche a causa di una guerra, non è più tornato e sento il dolore diffondersi, sovrastandomi.

 

 

 

Sono una panchina vicino alla chiesa di Nostra Signora del Rosario a Genova.

 

 

 

In un giorno di giugno del 2017, gli ospitanti di Kattim erano seduti qui. Attendevano di incontrare il loro bambino bielorusso di sette anni.

Ricordo bene quanto erano agitati con un guazzabuglio di emozioni difficili da gestire.

Ho saputo che il piccolo, dopo un periodo un po’ traumatico, si è affezionato a quella che chiama la sua “famiglia italiana”.

Ma ultimamente è arrivato il dolore, prima causato dalla pandemia di Covid e poi della guerra, e Kattim non è più tornato in Italia.

Oggi, per caso, gli ospitanti sono passati di qui; abbiamo pianto insieme.

 

 

 

 

 

 

La padrona di casa mi ha comprato tanti anni fa, molto prima anche di pensare di ospitare Kattim. Dovevo essere un regalo sempre pronto nel caso capitasse l’occasione di omaggiare qualche piccolo…

Così sono stato tanti anni in attesa di un destinatario finché… eccolo! Un piccolo bielorusso di 7 anni arrivato qui nell’estate del 2017 che non aveva voglia di imparare l’italiano!

Ricordo che in quei giorni l’ospitante leggeva le mie parole, mostrando il disegno corrispondente e Kattim traduceva in russo!

 

 

 

 

Piano piano il piccolo ha preso confidenza con la lingua italiana tanto che un giorno vedendo una farfalla l’ha proprio nominata in italiano. Quella è stata la sua prima parola!

 

 

 

 

Col tempo Kattim ha imparato sempre meglio l’italiano; nel gennaio 2019 è stato girato un video in cui legge con padronanza quasi tutte le mie parole.

Spesso gli ospitanti lo guardano con profonda commozione.

 

 

 

 

Sono stata trovata da Kattim in un sacchetto di patatine. Il bambino, appassionato della serie a cui appartengo, mi ha regalato alla sua ospitante che qualche volta ha proprio definito “Gufetta” nel suo mondo immaginario.

Oggi proprio lei, la Gufetta padrona di casa, era molto turbata dopo una videochiamata con Kattim in Bielorussia. Perché? Perché il piccolo (si fa per dire!) con i suoi 13 anni ha cambiato voce…

Sta diventando grande, certo, ma il dispiacere per gli ospitanti è stato perdersi la crescita del loro amato bambino, che non è più bambino…

 

 

 

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