A volte penso a come sarebbe la mia vita se non avessi incontrato Ciao Lapo.

 

Il dolore mi avrebbe fagocitato molto più di quanto ha fatto.

 

Non avrei conosciuto tante sorelle “di destino” che mi aiutano a superare l’indifferenza del mondo.

 

La solitudine avrebbe avuto il sopravvento e vivrei soltanto nei ricordi. E nei rimpianti.

 

Non avrei mai smesso di maledire il destino beffardo, come schiava che non merita riscatto.

 

Non avrei ogni anno un giorno speciale, il 15 ottobre, per abbandonarmi a un rito che mi fa sentire vicino chi non c’è…

 

 

 

Sono una culla vuota; il destino ha voluto così.

Mamma e papà mi hanno preparato con tanto amore, dopo avermi scelto tra tante mie simili.

Aspettavo con ansia di non essere più sola; immaginavo di ascoltare dei pianti accompagnati da tintinnii di ciondoli appesi sopra di me.

Poi un giorno tutto è cambiato e in questa casa non si sentono più musica e risate.

Solo pianti, ma non di un neonato.

 

 

Tutti vorremmo essere poeti in questo momento, in questo luogo.

 

 

Il mare accoglie il sole come in un quadro, visto in un museo in un’antica villa di questo luogo.

 

 

I rami nascondono lo spettacolo, arricchendolo, come un fiore in un parco.

 

 

Una passeggiata col nome di una grande donna del passato dove passare le giornate, ma soprattutto dove finirle.

 

 

Una nave in lontananza si avvicina a un’antica città, pronta a sorprendere e incantare come i colori che animano il cielo.

 

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Non domandarmi dove sono.

Sarei costretta a mentirti.

 

 

 

Perché sono qui?

Sono in cerca del passato. Come sempre.

 

 

Cerco qualche brandello di anima ancora aggrappato alla realtà che ha vissuto.

 

 

Soprattutto mi concentro sulle pietre, sulla loro capacità di custodire tracce percettibili a pochi eletti.

 

 

Scatto immagini a esseri non viventi che sembrano mettersi in posa, come una bimba con una bambola nuova.

 

Ah! Se c’è una data è meglio.

 

 

Una finestra, tra colori sfumati, può intercettare sguardi curiosi, senza rivelare quanto cela al suo interno.

 

 

 

Un tetto può dire molto, sempre solo a chi sa ascoltare.

 

 

 

Una porta socchiusa si lascia sorprendere, tra curiosità e paura.

 

 

 

Un albero vicino è come un amico fedele, a cui confidare ogni malinconia.

 

 

Ora comprendo che questo luogo è in attesa di una presenza.

 

Mi siedo anch’io ad aspettare.

 

 

 

 

 

 

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• un’archivista distratta in giro per mostre, musei e luoghi da scoprire;

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• una prigioniera dei sogni infranti;

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• un’ospitante di un bambino dell’est in vacanza terapeutica (in epoca pre-Covid);

• una malinconica quasi cronica;

• un’inquieta paziente oncologica;

• un’intercettatrice di emozioni.

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