Si combatteva qui!
Alpi, teatro di battaglie 1940-1945
Mostra fotografica di Alessio Franconi a Palazzo Ducale di Genova, dal 18 settembre all'11 ottobre 2020
Entro in questa mostra in punta di piedi, come in un luogo sacro.
La Seconda Guerra Mondiale mi fa pensare a mio padre e a suo fratello e, soprattutto, alla “Russia”… In queste fotografie la terra del Don non è presente ma si incontrano altri territori che conservano nella loro essenza l’eco straziante degli eventi bellici.
Mi perdo tra le immagini, mentre le tracce di memoria, come sempre, mi catturano.
A Cap Martin c’è l’arcobaleno dopo la pioggia… Forse tra poco si potrà andare in spiaggia, senza pensare ai segni di proiettili sul cemento armato.
Vedendo un tunnel nella fotografia “Nel ventre della terra” a Mont Razet la claustrofobia mi assale mentre sento l’umido in cui vivevano i soldati.
A Castillon, presso la linea Maginot, c’era una chiesa, dove sicuramente qualcuno avrà pregato, anche per i soldati.
Il “Ricovero” a Col de Brouis mi sembra un bivacco alpino male in arnese, ma il suo vissuto racconta ancora di sofferenza.
Guardando “Castel Tournou” mi sembra di vedere una foto fatta in gita, anche se la storia è passata di qui prepotentemente, non per divertirsi.
Alle postazioni di Cima Sespoul ci sono stati dei soldati, lontano da casa. Le rocce mi fanno pensare a chi li aspettava, temendo ogni giorno un’estrema notizia.
A Col de Fourches forse talvolta qualcuno si fa fotografare vicino al bunker in un momento goliardico, percorrendo il sentiero. Forse in altri tempi l’avrei fatto anch’io. Ora non più.
Se fossi a Ravin du Jas du Col guarderei tutti i “Resti di guerra”, pregando ogni tanto per chi decenni fa ha avuto quegli oggetti tra le mani prima di me.
Il freddo che assidera i corpi si sente anche attraverso la foto di Col Bramanette.
Sarà stato come il freddo patito dai soldati in Russia?
Al Colle del Piccolo Moncenisio mi sento in un racconto di fantasmi, la nebbia mi spaventa perché non so chi può celare.
“Le petit Turra” sul Moncenisio: mi sembra di vedere un eremo, uno di quelli che mi piacciono tanto e dove non avrei mai il coraggio di vivere.
Fort Traversette: un castello! Ecco dove mi sembra di essere, ma senza abiti principeschi, solo con un coraggio eroico. Fino alla fine.
La didascalia della foto “Abisso di Plutone” di Basovizza mi racconta che le esecuzioni nelle foibe avvenivano senza lasciar “traccia in alcun registro”. La mia anima da archivista si indigna, perché negare la memoria è crudeltà che raddoppia quella della morte.
Borovinca sembra un luogo bellissimo, come quando una seconda giovinezza rasserena chi ha passato un dolore, ma forse l’erba ancora si nutre di chi è sepolto nel campo.
https://palazzoducale.genova.it/mostra/si-combatteva-qui/