Palazzo Ducale di Genova, dal 5 ottobre 2019 al 1° marzo 2020
I “miei” anni Venti… (Emozioni regalate dalla mostra)
La visita inizia con una cronologia con notizie sugli anni protagonisti; volendo vivere in modo personalissimo questa mostra immagino di aggiungere altri eventi. Quindi al 1920 e al 1922 con la fantasia leggo la nascita di mio zio e quella di mio padre, l’uno disperso in Russia e l’altro, fortunatamente, tornato. Nascere in quegli anni subito dopo una guerra significava essere destinati a viverne un’altra in giovinezza.
Tra le tante informazioni sui pannelli mi diverto a cercare collegamenti con ricordi e pensieri…
Il 30 dicembre 1926 “il fascio diventa l’emblema dello stato”. Ovvio pensare a un fascio littorio visto di recente presso il genovese Forte Tenaglie, un presidio militare diventato luogo di accoglienza.
Il 26 maggio 1927 “Mussolini pronuncia il discorso dell’Ascensione che segna l’avvio della campagna demografica”. In quell’occasione veniva prospettata anche la tassa sui matrimoni infecondi2. Penso con affetto a chi, all’epoca, desiderava figli senza poterli avere, inviando un abbraccio che attraversa il tempo.
Il 30 settembre 1930 “apre a Buenos Aires la Mostra del Novecento Italiano”. Chissà se ci sono andati i Liguri dei quali inseguo le tracce…
Proseguo la visita, soffermandomi su alcuni dipinti…
Maternità di Gino Severini - 1916
La prima opera che incontro mi mostra una donna felice, come può esserlo una mamma che allatta. La didascalia del quadro mi dice che Antonio, il bimbo in fasce, vivrà pochi mesi. Cambia il mio sguardo sulla protagonista della tela, ora la sento sorella in quanto mamma di un “bambino meteora”.
Studio per il ritratto di Renato Guglino di Felice Casorati – 1922-1923
Ecco il bimbo che mi ha invitato dai manifesti a visitare la mostra. Che piacere vederlo “dal vivo”!
Il fratello e la sorella di Carlo Levi - 1925
Mi concentro sul ventaglio, un oggetto più frivolo rispetto agli altri (libri e squadre) che compaiono nell’opera.
Il figlio dell’armatore di Ubaldo Oppi – 1925
Il dipinto è ambientato a Chiavari ed è un dettaglio a conquistarmi: l’amato profilo del Monte di Portofino. Un’immagine da inserire nella mia virtuale collezione di immagini del bellissimo promontorio.
Ritratto di Vittorio Dal Nero di Giuseppe Zancolli – 1924
Il protagonista è stato il direttore del Museo di Storia Naturale di Verona, ritratto con alcuni animali imbalsamati. Questo particolare dell’opera mi riporta alla mente la mia prima visita, risalente all’infanzia, al Museo Giacomo Doria di Genova, una delle emozioni più belle provate in quegli anni!
Ragazza con scodella di Felice Casorati – 1919
La mia anima si riconosce nella desolata figura del quadro. Osservo la tela, vorrei portare conforto alla giovane, vorrei portare conforto a me stessa.
Vele nel porto di Carlo Carrà – 1923
Solo il fatto che sia stato dipinto a Camogli mi rende il dipinto familiare, da desiderare di averlo a casa…
Nena di Arturo Martini – 1928-1930
Ho un vecchio bambolotto, appartenuto a mia mamma, ormai senza occhi. Questa statua me lo ricorda: lo avevo dimenticato da tempo!
Composizione (Le amiche) di Pompeo Borra – 1924
Immagino che le protagoniste siano impegnate a leggere una lettera arrivata dall’America, con notizie di persone care emigrate lontano.
La sera (Il rosario) di Cagnaccio di San Pietro - 1923
Vedo la mia nonna materna, in eterno lutto dopo la morte di una figlia. Ascoltando bene dalla tela proviene il devoto sottofondo della preghiera mariana.
La madre benedicente di Eugenio Baroni - 1920
Più che benedicente mi sembra una madre che si arrende, con un gesto che implica accettazione senza riserve del dolore.
La cena dei rimasti di Carlo Potente – 1924
Donne, un vecchio e un bambino: manca chi è al fronte e forse non tornerà. Un pensiero alle vittime della Grande Guerra che ho imparato a conoscere.
Millenovecentodiciannove (Il reduce) di Ardengo Soffici – 1929-1930
L’anno che dà il titolo al quadro mi riporta a carte d’archivio narranti di un paese dell’entroterra genovese che festeggia il patrono in modo speciale:
“Terminata la guerra, nel 1919 si decideva di celebrare la festa di San Rocco (così come quella del Carmine) ‘con speciale solennità, essendo ritornati i soldati dopo la guerra’, come si legge nel verbale dell’adunanza della Fabbriceria del 6 luglio.”2
Nel protagonista dell’opera in mostra non intravedo la gioia da fine guerra che immagino nei festeggiamenti a Pedemonte di Serra Riccò.
L’Odéon di Anselmo Bucci – 1919-1920
Tra i personaggi mi sembra di scorgere lo stesso bimbo che mi ha “invitato” alla mostra; osservandolo con attenzione mi congedo dagli “Anni Venti”…
1 https://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed192.pdf , pag. 7619
2 www.archivioparrocchialepedemonte.it/i-documenti-raccontano/festeggiando-san-rocco.html
Per saperne di più:
www.palazzoducale.genova.it/anni-venti-in-italia/